beat yesterday major marathon

BY#26 – “Non ce la farò mai”. E invece…

Lo spirito del Beat Yesterday non è quello che ti porta a compiere grandi imprese, quanto piuttosto la molla che ti spinge ogni giorno ad essere migliore, a superare te stesso. Perché quella è la vittoria più grande.

Di vittorie così Giorgio Barsanti ne ha collezionate più di una ma nonostante tutto si trova ancora a metà del suo percorso. Il suo obiettivo è la medaglia di finisher a sei stelle, destinata ai runner che completano le 6 World Marathon Majors: le maratone di Chicago, Boston, New York, Londra, Berlino e Tokyo.

La sua è una di quelle storie che, per quanto possano sembrare semplici, hanno dentro qualcosa di speciale. Hanno dentro quella scintilla che noi di Garmin chiamiamo Beat Yesterday.

Qual è stato il tuo Beat Yesterday?

Beat Yesterday non è essere più bravi o più forti di altri, ma avere la volontà di non fermarsi a ciò che si è, per scoprire chi si vuole essere veramente. Anche tu hai già superato il tuo personale Beat Yesterday? Vogliamo darti voce, perché tu possa essere di ispirazione e motivazione per tutti gli altri. Raccontaci la tua storia.

La svolta

Giorgio: 44 anni, sposato, due figli, un lavoro nell’azienda di famiglia. Il calcio e il basket da ragazzino con gli amici. A 30 anni ha iniziato a giocare a rugby, anche con buoni risultati. “Ero pilone – ci dice -, un ruolo per cui devi essere per forza un po’… diciamo, massiccio”.

Poi Giorgio si è sposato e ha interrotto qualsiasi attività sportiva. “Sono arrivato a pesare 120 kg. Gli esami non erano a posto e io faticavo a fare qualunque cosa, anche a giocare con i miei figli piccoli”.

La svolta per lui arriva in un giorno ben preciso: il 31 agosto del 2015.

“Ricordo benissimo quel giorno, perché per me è come un secondo compleanno. Al termine di una vacanza con la famiglia mi sono guardato nello specchietto retrovisore dell’auto e mi sono detto che così non potevo continuare, che di quel passo le cose sarebbero potute solo peggiorare. Era arrivato il momento di cambiare”.

E così ha fatto.

“Il giorno dopo sono uscito sul lungomare di Bari e ho fatto una lunga passeggiata. La prima di tante. Allo stesso tempo ho iniziato a curare di più la mia alimentazione. In un mese ho perso i primi 10 kg e questo mi ha fatto venire voglia di continuare”.

La soddisfazione è stata tale che, ad un certo punto, Giorgio ha provato a spostare lo sguardo un po’ più là.

“Mi sono interessato alla corsa. Ho fatto ricerche su internet, ho letto libri, per capire come potevo iniziare da autodidatta. Se oggi, da runner, ripenso agli allenamenti che facevo in quel periodo mi viene da sorridere, ma era giusto così: mi sono avvicinato alla corsa poco alla volta, piano piano”.

“Non ce la farò mai”… e invece

“Dopo pochi mesi ho visto la pubblicità della Deejay Ten di Bari. Pensavo che non sarei mai riuscito a correre 10 km, ma era una sfida, così mi sono iscritto”.

Per Giorgio quella è stata la prima sfida: il primo obiettivo, il primo traguardo, in tutti i sensi.

“L’atmosfera della gara era bellissima ed è stato consolante scoprire che non ero l’unico lento. Al settimo km, però, ho pensato che non ce l’avrei fatta a correrne ancora tre, credevo ormai di aver dato tutto. E invece poi a quel traguardo ci sono arrivato”.

“Dopo quella prima esperienza ci o preso gusto. Ho partecipato a diverse gare locali, sempre sui 10 km, cercando di migliorare la velocità. Poi ho visto la notizia della Mezza Maratona di Bari. 21 km. Una nuova sfida”.

E come ogni volta che si prova a spostare il limite un po’ più in là, prima della soddisfazione, prima della gioia, c’è la paura di non farcela.

“Al km 18, di nuovo quel pensiero: non riuscirò mai a correre altri 3 km, ho già dato tutto. E invece poi, anche quella volta, al traguardo ci sono arrivato”.

Una sfida tira l’altra, come le ciliegie.
Nel 2017, circa due anni dopo essersi avvicinato alla corsa, Giorgio e un amico decidono di tentare il ballottaggio per la Chicago Marathon, convinti che “tanto non ci prenderanno mai”.

E invece…

Da pilone a maratoneta. Anzi, no.

“Per prepararmi a Chicago ho corso la mia prima maratona a Milano: un mezzo disastro, come prevedibile. Al 35° km, di nuovo quel pensiero, probabilmente comune a molti: non riuscirò mai a correre altri 7 km. E invece…”

“Tagliare il traguardo della mia prima maratona è stata una soddisfazione enorme ma mi ha fato anche capire che avrei dovuto cambiare qualcosa nel mio modo di allenarmi, e non solo. Così mi sono affidato ad un preparatore e ad un nutrizionista”.

Anche la maratona di Chicago è stata una faticaccia ma Giorgio non si è perso d’animo.
Nel 2018 ha corso la maratona delle maratone, la New York City Marathon.
Nel 2019 la Maratona di Berlino.
“Strada facendo ha preso forma il desiderio di completare le sei Major”.
Il 2020 sarebbe dovuto essere l’anno della maratona di Londra, poi annullata. Al momento l’appuntamento è rimandato ad ottobre 2021.
“Se non sarà quest’anno sarà il prossimo. Dopo di ché mi mancheranno solo Boston e Tokyo”.

“Dico la verità: non mi sento un maratoneta e non lo voglio essere. Il mio obiettivo è correre queste sei, non altre. Però continuerò a correre, perché ormai la corsa è diventata una parte integrante della mia quotidianità, della mia routine, di uno stile di vita diverso rispetto a quello che avevo prima. Anche quando non ci sono gare in programma, mi piace avere una tabella di allenamenti da seguire”.

Sempre un passo più in là

In questi anni, grazie alla corsa, Giorgio è riuscito a perdere 30 kg ma, soprattutto, ha cambiato vita. Ha imparato a prendersi cura di sé, entrando in un circolo virtuoso di abitudini positive che lo hanno aiutato non solo nello sport.

“È migliorata la mia autostima, mi sento più sicuro, intraprendente, anche nel lavoro. Qualcuno pensa che io sia fissato con la corsa ma non è così. Le mie prestazioni non saranno mai competitive però la corsa mi fa stare bene, è una parte della mia vita, senza mai esagerare: deve farmi stare meglio, non peggio”.

“Spesso, quando vado a correre sul lungomare, incrocio chi ci sta provando, persone magari in sovrappeso, che vanno piano e fanno una gran fatica, come me qualche anno fa. Ricordo bene quanto mi sentissi un pesce fuor d’acqua, in mezzo a tanti runner più veloci e in forma, e probabilmente loro provano la stessa cosa. Ecco, vorrei avvicinarmi e dirgli che sono bravi, che hanno fatto la scelta giusta. Che non hanno nulla di cui vergognarsi, che hanno ragione a provarci. Serve costanza, certo, ma la corsa è onesta: ti restituisce quello che dai. Ed è il suo bello”.